Caravaggio torna a Siracusa: un po’ di luce per Santa Lucia

Il “Seppellimento di santa Lucia” è rientrato a Siracusa, nella sede originaria della basilica di Santa Lucia al Sepolcro, e l’HuffingtonPost recensisce il volume “Caravaggio a Siracusa. Un itinerario nel Seicento aretuseo”, con le ultime novità intorno al dipinto. L’articolo di Giulia Silvia Ghia.

Il Seppellimento di Santa Lucia è tornato a Siracusa in tempo per onorare la festa della santa (il 13 dicembre). Negli ultimi tempi si è molto parlato di questo capolavoro del 1608 realizzato da Michelangelo Merisi da Caravaggio, perché alla fine, dopo una revisione conservativa presso l’Istituto Centrale per il Restauro che ne constatò l’ottimale stato per quello che concerne la materia originale esistente, è stato giustamente concesso il prestito alla mostra ideata da Vittorio Sgarbi, nel museo da lui presieduto, il Mart di Rovereto.

D’altronde, ritengo che sia il solo il giudizio degli esperti e dei tecnici di altissima qualità di cui il nostro paese vanta una tradizione importante, a dover pesare sullo stato di conservazione e dunque sulla possibilità di movimentare un’opera d’arte con i criteri e le modalità appropriate per garantire tutte le operazioni nella massima sicurezza.

Colpi di scena a parte, che si sono susseguiti negli ultimi mesi, il progetto espositivo ha comunque permesso il rientro della tela di proprietà del Fondo Edifici di Culto (Ministero dell’Interno), giusto la scorsa settimana, nella sede originaria, la basilica di Santa Lucia al Sepolcro.

Nello stesso periodo, qualcun altro lavorava ‘a testa bassa’ interrogandosi e studiando la storia del dipinto e il suo contesto. Ed è così che esce in questi giorni Caravaggio a Siracusa. Un itinerario nel Seicento aretuseo, a cura di Michele Cuppone e Michele Romano, edito da Le Fate (Ragusa). Il libro è interessante per una serie di motivi. Oltre a essere una guida storico-artistica dell’incantevole Ortigia, con sette dipinti illustrati che fanno riferimento ad altrettanti edifici religiosi (e uno civile: la Galleria Bellomo) e oltre ad avere un’appendice di fonti e documenti, per approfondire la conoscenza di queste opere, è interessante perché vi si trovano pubblicate fonti poco note, trascurate, talvolta anche equivocate, sul Seppellimento di santa Lucia.

Si tratta di biografi, storici locali, persino viaggiatori stranieri. Alcune documentano uno stato conservativo della tela gravemente compromesso, a causa dell’umidità, già alla fine del Settecento come il francese Dominique Vivant Denon, il primo (1788) a farne cenno: “si conserva l’ombra di un grande quadro del Caravaggio, che fu danneggiato, si dice, dall’ultimo terremoto (che nel 1693 devastò Noto e la Sicilia orientale), e di cui non resta quasi che la tela”.

Curioso poi leggere il giudizio caustico dell’inglese George Dennis (1864), secondo cui il quadro è “notevole più per le dimensioni che per il valore”. Un ragionamento viene anche fatto sull’identità dei personaggi raffigurati, su cui gli autori riescono quanto meno a sgomberare il campo da alcune ipotesi avanzate in passato. Mentre viene fatto notare per la prima volta come sia verde il colore della veste del giovane al centro, in cui alcuni hanno visto impropriamente un diacono. Ma anche la lettura delle radiografie offre nuovi spunti di riflessione.

Uno spazio importante è dedicato alle numerose copie antiche del dipinto, di cui viene pubblicato un repertorio ampio e aggiornato. In effetti l’opera è stata una delle più riprodotte di Caravaggio, se ne conoscono bene undici versioni, tra le quali una un tempo a Scicli e poi purtroppo trafugata e un grande affresco in una chiesa di Santa Lucia del Mela, nel Messinese, anch’esso corroso dall’umidità (a causa di inflitrazioni nella parete).

A tutte queste vanno aggiunte almeno altre tre, che risultano da documenti antichi ma che sono andate poi disperse nel tempo. L’elenco testimonia la fortuna che conobbe l’opera, al di là del suo artefice che anzi alcuni storici locali quasi non menzionano. Proprio grazie alle copie oggi siamo in grado di leggere dettagli che nell’originale sono andati pressoché perduti. E così, grazie alle foto pubblicate nel volume, si “ri-materializzano” idealmente le pietre sul terreno, la camicia rossa del soldato, la palma (simbolo del martirio) stretta in mano da Lucia.

Purtroppo, anche l’intervento umano ha fatto la sua parte, come già citavo nell’articolo sullo stesso argomento scritto lo scorso giugno. Molti, a partire dai primi dell’Ottocento, sono stati i danni causati paradossalmente da restauri poco accorti, che nel volume vengono elencati.ne al centro, in cui alcuni hanno visto impropriamente un diacono. Ma anche la lettura delle radiografie offre nuovi spunti di riflessione.

Ma un’ipotesi nuova e interessante si fa avanti tra le righe del volume in cui si ricorda una fonte originale, anche se tarda, poco nota addirittura agli stessi studiosi, che aggiungerebbe un tassello alla storia.

Caravaggio era arrivato a Siracusa in fuga, per l’ennesima volta e in quel momento da Malta. La sua odissea era cominciata nel maggio 1606 a Roma, per un omicidio avvenuto in circostanze poco chiare: si è scritto di tutto a proposito ma per la prima volta si immagina ora che Caravaggio fosse passato da Siracusa già a inizi luglio del 1607, nel viaggio che da Napoli lo conduceva a Malta.

In quell’occasione la flotta di cinque grandi imbarcazioni che lo accompagnava fece scalo nella città aretusea, e fu forse questa la prima occasione di ritrovo con l’amico e collega dei tempi romani, il siracusano Mario Minniti che sappiamo risultare presente a Siracusa già nel gennaio del 1605, come attesta un documento, il più antico fino ad ora, pubblicato da Michele Cuppone.

Tuttavia, il mistero più grande che permane sul Seppellimento di santa Lucia è l’assenza di documenti, che provino che fu effettivamente voluto dal senato della città. L’auspicio è che una pubblicazione come questa possa essere da stimolo a proseguire le ricerche.