Speculazioni da Caravaggiomania: Ladispoli sfida Porto Ercole sulla morte del pittore
La Caravaggiomania non conosce limiti. Ancora speculazioni sul luogo della morte del pittore: questa volta è Ladispoli a rivendicare, con una serie di iniziative (tra cui l’installazione di un monumento) la scomparsa del Merisi.
Ultimamente si è tornati a discutere della morte di Caravaggio, come noto avvenuta il 18 luglio 1610 a Porto Ercole, sul litorale toscano presso il confine con il Lazio, quando l’artista non aveva ancora compiuto 39 anni.
Se ne riparla, perché sempre più iniziative culturali vengono promosse nella città di Ladispoli, appena 60 km sulla costa a nord di Roma. Controiniziative, per meglio dire, che con lodevoli tenacia e ambizione intendono appunto portare avanti un’altra tesi, secondo la quale il pittore morì nella frazione di Palo Laziale (a quel tempo, Palo). Qui certamente egli era sbarcato nel viaggio che da Napoli doveva portarlo a Roma, in attesa di ricevere la grazia per l’omicidio commesso nel 1606. Per ragioni poco chiare, fu trattenuto temporaneamente dalle guardie che presidiavano lo scalo, mentre l’imbarcazione che lo aveva condotto lì ritornava a Napoli con le sue tele. Una volta liberato, per motivi ignoti si diresse verso Porto Ercole, dove morì di malattia.
Molto si è speculato attorno agli ultimi giorni di Michelangelo Merisi, tentando di colmare in qualche modo il vuoto informativo delle fonti. Ma la morte in Maremma, ricordata nelle più antiche biografie e nei documenti, non è stata mai seriamente messa in dubbio. Ci aveva provato, è vero, Vincenzo Pacelli (scomparso nel 2014). Egli era giunto persino a supporre che il pittore fosse stato assassinato a Palo, se non addirittura prima gettandone il corpo in mare, secondo un’ipotesi che gridava all’“omicidio di Stato”: alcune tra le massime autorità e istituzioni del tempo avrebbero ordito, felici “di liberarsi di uno scomodo contestatore, un artista che con ogni quadro entrava in polemica con l’ortodossia cattolica e che costringeva il pubblico a riflettere”. Forse un po’ troppo poco (oltre che esagerato, con rispetto parlando), per ritenerlo così pericoloso… Non era stata comunque l’unica ipotesi eccentrica su Caravaggio lanciata da Pacelli, ma sostanzialmente caduta nel vuoto già nell’ambiente a lui più prossimo.
Se oggi, invece, vengono rilanciate le sue congetture complottiste sulla morte del pittore, lo si deve alla battagliera campagna condotta in prima persona, non sarà un caso, da un gruppo di cittadini ladispolani, giornalisti e pittori in particolare. Molta passione, questo va riconosciuto, comunque non bilanciata da altrettanta familiarità con gli studi caravaggeschi. La loro voce si fa sentire attraverso i media locali ed è supportata dall’amministrazione comunale, e l’enfasi di certe uscite web dove peraltro ricorrono concetti come “sfida” (rivolta a Porto Ercole), sembra tradire la vera natura del loro movimento di “rivendicazione” (sic). Venendo a mancare infatti il sostegno concreto dei veri specialisti del Merisi, appare tutto affidato alla forza della comunicazione e legato a un interesse localistico, e si riduce quantomeno a una questione più di orgoglio cittadino. Ma al di là del clima per così dire da tifoseria, senza troppa malizia si avverte anche il fiuto di qualcuno per un ritorno economico, oltre che di immagine. Indicativa a tal proposito è l’ultima notizia in ordine di tempo, che fa seguito all’installazione di una grande targa in marmo su una rotonda (“Benvenuti a Ladispoli ultimo approdo di Caravaggio”), e di quattro (per adesso, ma viene promesso di aggiungerne altri) cartelli turistici della cosiddetta “Passeggiata del Caravaggio”, che riportano solenni parole di Pacelli. È ora in progetto infatti una statua di Caravaggio, con cui si intende “ribadire” la convinzione della morte sulla costa laziale. Sia chiaro, senza esborso di denaro pubblico, almeno per quanto reso noto, ma finanziato dai commercianti del posto.
E qui si impone una domanda di non poco conto. Può un’amministrazione comunale o qualsivoglia forma di associazione territoriale, al di là del prevedibile tornaconto, pensare unilateralmente di scrivere una propria versione della storia, sottraendosi a una seria discussione ai più alti livelli scientifici? La risposta, negativa, è fin troppo scontata. Specie se come in questo caso si ricorre a segni tangibili e ingombranti (il monumento, su cui potrà pur esprimersi la Soprintendenza), che un domani rischiano, ed è probabilmente questo uno dei propositi, di diventare essi stessi una ‘prova’, almeno agli occhi dei meno informati o comunque più incuriositi dalle dietrologie. Ma per stabilire la verità storica si deve passare attraverso l’esame critico di documenti e fonti e, soprattutto, non si può e non si deve partire da tesi precostituite e di mero interesse di campanile. Altrimenti, con la morte della competenza, ogni pretesto sarà buono per creare solo confusione. Per assurdo, proprio la fine di Caravaggio potrebbe essere rivendicata a questo punto da altre località che sono state citate in tal senso in testimonianze letterarie e d’archivio, ma in una sola occasione ciascuna e per evidenti equivoci e sviste: Procida, Civitavecchia, Napoli, Terracina. La stessa Cerveteri che confina con Ladispoli è sembrata a sua volta reclamare la sua fetta di popolarità, se a febbraio scorso aveva ospitato il convegno dal fuorviante titolo “Quando Caravaggio sbarcò a Cerveteri”, generando ulteriori risentimenti fra vicini di casa. Chissà se, di questo passo, non sarà la città di Bologna a pretendere di essere considerata l’ultima dimora del sommo lombardo. È poco risaputo infatti che Virgilio Saccà, nel 1907 e dunque un anno prima di morire, pubblicò un estratto dello scambio intercorso con il parroco di Porto Ercole il quale, messosi sulle tracce dell’atto di morte di Caravaggio, accennava a un non altrimenti riscontrato trasporto delle ossa dell’artista avvenuto, in epoca imprecisata, proprio nel capoluogo emiliano.
Ancora fresco è il ricordo dell’iniziativa patrocinata dall’allora amministrazione comunale della ‘rivale’ (nell’ottica ladispolana) Porto Ercole, quando nel 2010 osò anche di più, portando in trionfo le presunte spoglie mortali del Merisi. Questi resti gli furono attribuiti (con probabilità, non è chiaro come, stimata all’85%) attraverso ricerche la cui bontà, in quel caso, fu giustamente contestata dallo stesso Pacelli. Ciò comunque servì a poco: furono scritti libri, realizzato persino un documentario National Geographic e, per concludere, un monumento e parco funerario di dubbio gusto estetico nel centro del borgo toscano, poi saggiamente rimossi e comunque confinati in sede più periferica. Fra gli storici dell’arte vi fu chi fece sentire il proprio dissenso, cosa che però non sta avvenendo ora con l’operazione ladispolana. Forse non vi si vuole dare troppo peso, forse è rassegnazione davanti all’ennesima manifestazione della cosiddetta “Caravaggiomania” oramai irrefrenabile. Eppure il progetto di una statua ‘rivendicante’, che allo stesso tempo lancerebbe un messaggio antistorico e uno pubblicitario a beneficio di pochi, non può essere ignorato, non può essere ignorato. Almeno da chi veramente conosce e ha a cuore il Caravaggio.